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Scrittori indiani e premi internazionali

17 Febbraio 2009 di 2 28 views

Da Alessandra Consolaro di ItalIndia ricevo la segnalazione di due articoli recentemente pubblicati nella rubrica letteraria di The Hindu, che trattano dei premi internazionali, degli scrittori indiani che vivono all’estero e di quelli che vivono in India, del mondo letterario indiano nelle diverse lingue e della possibilità che il centro della innovazione letteraria non sia in Europa o in America. Ecco i link dei due articoli:
IL PRIMO
IL SECONDO

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2 Risposte »

  • Silvia :

    Caro Marco,
    gli articoli sono molto interessanti. Se per caso non lo avessi letto, te ne segnalo anche uno precedente, in cui veniva appunto criticata “La tigre bianca” e a cui in un certo senso quello di Vijay Nair risponde:
    http://www.hindu.com/lr/2008/11/02/stories/2008110250010100.htm

    Trovo spesso questa ambiguità indiana di voler competere a livello internazionale, quasi a voler mostrare che l’India è grande e forte, ma poi di contro aver paura di mettersi in mostra. Anche in questo rapporto di attrazione-repulsione con il Booker prize.

    Mi piacerebbe sempre molto che più libri indiani scritti in lingue indiane arrivassero anche da noi. E in questo senso non so se questa attenzione internazionale all’IWE sia un bene o un male (ovvero se stimoli noi a tradurre da altre lingue oppure se stimoli loro a scrivere sempre più in inglese).
    Tu che cosa ne pensi?

  • Marco :

    L’India non ha ancora preso del tutto coscienza della propria forza e bellezza, si comporta come un adolescente inquieto, che non sa se credere in sè.
    Io penso che l’India sia infinitamente più grande di quanto noi conosciamo. Per esempio in campo letterario: qui si conosce quasi solo la letteratura in lingua inglese, ed è un solo una tessera del mosaico.
    Io ho avuto la fortuna di studiare la letteratura hindi all’università, ma in italiano è tradotta veramente pochissimo (e io non posso farlo, ormai sno arrugginito). Fra le eccezioni: i romanzi di Alka Saraogi pubblicati da Neri Pozza, o la raccolta di Racconti hindi del Novecento piubblicata dalle Edizioni dell’Orso.
    Poi c’è qualcosina di lingua tamil (gli inni degli Alvar pubblicati da Utet, per esempio). E poi…nient’altro. Il che la dice lunga sul provincialismo dell’editoria italiana. Non resta che esplorare le letterature indiane attraverso le traduzioni inglesi. Che però non sempre ci sono….

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