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Cina: in nome della “stabilità”, tutti sono sacrificabili…

9 Luglio 2009 di 8 149 views

156 morti (“ufficiali”….), 1103 feriti, 1500 arrestati: questo è il bilancio provvisorio delle proteste di piazza degli uiguri, i musulmani turcofoni del Xinjiang, schiacciati nel sangue dalla polizia cinese da domenica 5 luglio. E di chi è la colpa? Della “complottista” Rebiya Kadeer, naturalmente. E’ lei, la leader in esilio (negli Usa) della dissidenza uigura, la responsabile di tutto…Almeno, questa è la versione dei fatti che si legge sul quotidiano della Repubblica Popolare China Daily, che sottolinea: «l’obiettivo più importante per la Cina è la stabilità». Parola del presidente Hu Jintao, che per seguire la situazione in Xinjiang ha abbandonato – con un gesto clamoroso – il vertice del G8. E se poi alla stabilità si deve sacrificare tutto -  vite umane, diritti umani – pazienza. Gli uiguri del Xinjiang chiedono autonomia e rispetto della propria identità: sono etnicamente diversi dagli Han (l’etnia largamente maggioritaria in Cina) e sul piano religioso seguono un islam che non ha niente a che fare – per ora – con il fondamentalismo e il radicalismo. Ma in Cina la parola d’ordine è una sola: ordine, appunto. E pena di morte per i “rivoltosi”….
L’ossessione cinese per l’ordine (che l’ideologia del regime esprime più graziosamente nell’ideale della “società armoniosa”)  a volte finisce per avere risvolti grotteschi, come nel caso del video sulla città di Urumqi (teatro degli scontri) presentato dalla Beijing Review e intitolato «Urumqi Citizens Support Traffic Control».
Lasciando perdere la paradossale retorica del regime, rimando chi voglia un’analisi seria della situazione in Xinjiang e della questione uigura al blog del mio amico Piero Verni che fa un quadro storico, sociale e politico della situazione, esaminandone vari retroscena.
Un’ultima annotazione: in un editoriale del Corriere della Sera del 9 luglio, Franco Venturini conclude con una considerazione sui Signori della Terra riuniti nel G8 all’Aquila: «Sui 160 ammazzati dello Xinjiang non era il caso di dire una parola? Dimenticavo, anche se è partito, Hu Jintao pesa». Bravo Venturini!

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8 Risposte »

  • luisa :

    Lo scorso anno il Tibet, quest’anno gli uiguri. E intatno la Cina fa parte dei “Grandi” Paesi emergenti, i G14.
    Credo che la vergogna sia tutta nostra, visto che in nome dei santi quattrini, accettiamo di ignorare i più basilari diritti umani e trattare la Cina come se fosse un paese civile.

  • Piero Verni :

    Sperando di fare cosa gradita ai frequentatori di questo ottimo blog, posto qui un mio breve pezzo che compare oggi su “Il Riformista”. Colgo l’occasione per segnalare che Pechino ha imposto la chiusura di tutte le moschee di Urunci per l’intera giornata di venerdì (tradizionale giorno di preghiera per gli islamici) e reintrodotto il coprifuoco nella capitale.
    Un caro saluto a Marco,
    P.V.

    Per saperne di più, il Turkestan nel web

    Mentre il grand guignol di Urumci comincia ad essere relegato nelle pagine interne dei quotidiani, dal Xinjiang giungono voci che manifestazioni si sarebbero tenute anche a Kashgar e in altri centri minori della regione. Varrebbe quindi la pena di dare un’occhiata più da vicino, con l’aiuto del web, ai vari protagonisti di questa vicenda che turba i sonni della dirigenza cinese quanto e più del problema tibetano.
    Mai come in queste ore mi appaiono profetiche le parole che mi disse un paio di anni or sono, nel corso di un’intervista, Erik Alptekin, esponente di primo piano del “World Uyghur Congress” e figlio di Yusef Alptekin uno degli eroi nazionali uiguri, “…le dimostrazioni contro l’occupazione cinese si susseguono dal 1949. La più sanguinosa fu quella del febbraio 1997 quando nel corso di una protesta le forze di polizia cinesi spararono sulla folla causando decine di morti e centinaia di feriti. E da allora ce ne sono state molte altre. E altre ancora seguiranno. Il popolo uiguro non cesserà di lottare fino a quando la Cina Popolare non riconoscerà i nostri diritti”. Chi volesse seguire da vicino le attività del “World Uyghur Congress” può visitare il suo esauriente e aggiornato sito web (http://www.uyghurcongress.org/En/home.asp) disponibile in ben cinque lingue (uiguro, inglese, tedesco, cinese e giapponese) che fornisce risposte e preziose informazioni su tutto quello di essenziale si deve conoscere riguardo al Turkestan orientale.
    Presidente del “World Uyghur Congress” è Rebya Kadeer, la “Guerriera gentile” (come recita il titolo della sua autobiografia da poco pubblicata anche in Italia dall’editore Corbaccio), la principale leader del dissenso uiguro ormai abbastanza conosciuta anche al di fuori del ristretto numero di specialisti di politica asiatica. http://uyghuramerican.org/ è l’indirizzo del sito in inglese dell’associazione “Uyghur American Association”, ispirata dalla Kadeer, ed anche qui si possono trovare esaurienti notizie sulla storia, la politica, la cultura del Turkestan orientale e della sua gente.
    Molto meno nota al grande pubblico è invece l’esistenza di un “Governo in esilio della Repubblica del Turkestan orientale”, formatosi il 14 settembre 2004 a Washington D.C. Questo governo ha una sua costituzione (ricalcata su quella della repubblica indipendente occupata nel 1949 da Pechino) ed è stato eletto dagli uiguri della diaspora. L’attuale primo ministro è Anwar Yusuf Turani, un uomo poliedrico (è anche insegnante di fisica, musicista e cantante oltre che un politico) nato nel 1962 nel campo di concentramento di Artush da una coppia di nazionalisti arrestata e condannata come “controrivoluzionari” dalle atorità comuniste cinesi. Liberato al termine della Rivoluzione Culturale, poté recarsi all’estero e stabilirsi negli USA dove attualmente risiede. L’attività di Turani e del suo governo in esilio la si può seguire sul sito in inglese http://www.eastturkistangovernmentinexile.us dove si trovano anche molte informazioni politiche, culturali e storiche sul Turkestan orientale.
    Il punto di vista cinese lo si può leggere principalmente su http://www.xinjiang.gov.cn/10018/index.htm sito ufficiale della Regione Autonoma del Xinjiang (che però in questi giorni fatica ad aprirsi) e su http://english.people.com.cn/ sito del quotidiano ufficiale del Governo cinese, entrambi in lingua inglese. A volte si occupa di Xinjiang anche la radio in lingue estere del governo di Pechino, “Radio Cina Internazionale” sul cui sito (http://italian.cri.cn/364/2005/09/20/1@41060.htm), oltre a poter ascoltare i programmi (a volte piacevoli quelli musicali), si trovano anche diverse notizie e informazioni. Ovvio, tutte rigorosamente di regime.
    Per terminare è di rigore un accenno al movimento più radicale del panorama politico uiguro, lo “East Turkestan Islamic Movement” (ETIM). Non ha siti web anzi, misterioso e pochissimo conosciuto, di questo gruppo si conosce molto poco. E’ noto comunque che è apertamente a favore dell’indipendenza, che ha una connotazione fortemente islamica ed è incline al terrorismo e alla lotta armata. L’ETIM, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, finì nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dagli USA. Il fondatore e leader indiscusso dell’organizzazione era Hasan Mahsum che venne però ucciso in Pakistan in uno scontro a fuoco con la polizia il 2 ottobre 2003. Al momento non è ben chiaro chi sia a capo dell’ETIM, a cui in ogni caso Pechino attribuisce (a volte a torto) ogni genere di attentati. Sembra inoltre che la decina di uiguri catturati dalle truppe NATO in Afghanisthan e internati a Guantanamo fossero militanti dell’ETIM. Va però detto che tra la popolazione uigura questo gruppo è estremamente minoritario, sia in termini di militanti sia di adesione alle sue idee radicali. Il problema è che carneficine e massacri come quelli di questi giorni potrebbero favorirne la predicazione.
    E non sarebbe un bel guadagno per le donne e gli uomini del martoriato Turkestan orientale.

    Piero Verni

  • Alessandro :

    O mio Dio signori…ma scrivete di India, dato che di Cina non ne capite un tubo suvvia….
    Le 156 (che poi non sono 156 ma di più) persone sono state macellate a sangue fredde da “pacifici” terroristi uiguri ben organizzati e che hanno agito in maniera sistematica. Guarda caso, la STRAGRANDE maggioranza di questi morti sono di etnia HAN…cosa difficile da spiegare nell’ottica propagandata da noi dai mezzi di “dis”informazione di massa di “repressione” degli uiguri…Guarda te, si reprimerebbero gli uiguri, però la stragrande maggioranza delle vittime è di etnia Han, e uccisi con armi da taglio o contundenti…O la polizia cinese (e gli uiguri sono cinesi, dato che la Cina è paese multietnico da millenni) è idiota e uccide quelli che non dovrebbe uccidere, e per farlo usa coltelli invece di pistole…oppure state mentendo sapendo di mentire. Ma che diamine di reazione da “cani di pavlov” è questa? Credere a qualunque idiozia venga propagandata qui da noi…

  • Alessandro :

    L’occupazione cinese….Ma Verni, lei sa che nell’area dell’odierno Xinjiang i primi reperti cinesi risalgono al I secolo a.C.? E che di Uiguri non si è cominciato a sentir parlare, storicamente parlando, lasciando perdere le panzane che scrive lei, dall’VIII secolo d.C.? E che, parole di Nicola di Cosmo, uno dei maggiori studiosi USA di Asia Centrale, gli odierni uiguri han ben poco a che spartire con quelli del VIII secolo e che occupavano l’area a nord dell’attuale? Il corridoio del Gansu (l’attuale provincia cinese del Gansu) per secoli ha collegato il territorio principale con i possedimenti occidentali, come dal I sec. a.C. l’area dell’odierno Xinjiang era conosciuta?
    Ma per favore, le falsità e le invenzioni storiche a scopo propagandistico no…studi la storia e cerchi di essere un pochino meno pregiudizialmente anti Cina…al costo di inventare una nuova storia.

  • Giorgia :

    Buongiorno, mi permetto di spendere due parole sull’argomento. Vivo in Cina da circa 10 anni e mi sono sempre interessata della situazione delle minoranze cinesi, posso anche dire di aver visitato lo Xinjiang e conoscere diversi Uighuri “fuoriusciti”. Come dappertutto, ci sono le teste calde, e ci sono molte brave persone. Alcune delle quali mi hanno invitato a cena proprio ieri sera, e sono sinceramente afflitte dalla situazione drammatica in cui versa la loro terra.
    Il punto, a mio parere, non è analizzare di che etnia fossero i massacrati, quanto delle dinamiche e della situazione scatenante le violenze. Anche l’anno scorso in Tibet (e l’ho pure visitato 7 mesi dopo gli avvenimenti, e vi assicuro che il clima era decisamente da repressione, con parate militari in centro a Lhasa, militari armati appostati sui tetti, e divieto di tenere pubbliche discussioni sul dharma nei templi… – caso strano, ora chiudono le moschee a Urumuqi… c’è qualcosa che suona simile) i famosi 18 morti erano cinesi di etnia Han. Però nessuno parla delle migliaia di persone scomparse nel nulla, di cui i tibetani osano appena sussurrare, e in luoghi bene appartati.
    Lo stesso è accaduto dopo gli scontri di Luglio in Xinjiang. Tra l’altro raccolgo la testimonianza diretta di amici che a Urumuqi quel giorno c’erano. La gente è scesa in piazza per protestare contro un evento di qualche settimana prima, ovvero il linciaggio, nel Guangdong, di due uighuri accusati di stupro e poi rivelatisi innocenti. Chiedevano spiegazioni al governo, dato che la faccenda era stata messa subito a tacere. La polizia è intervenuta sulla folla, con le armi e i lacrimogeni, e poi si è ritirata. La gente, chiaramente imbestialita, ha cominciato con le ritorsioni. E solo ORE DOPO la polizia è intervenuta nuovamente, incarcerando chiunque fosse nella zona dei fatti. E’ la solita tattica: lasciano che la situazione si scaldi al punto di non ritorno, per avere poi una scusa per andarci pesante con la repressione. Non succede solo in Cina.
    Nei giorni seguenti l’intero Xinjiang è stato ISOLATO telefonicamente dal resto del paese (internet non funziona ancora nemmeno ad oggi, a 6 mesi dagli scontri), e ci sono stime, ovviamente non ufficiali, che almeno 15000 persone siano state incarcerate e siano SCOMPARSE. Desaparecidos di cui non si ha più traccia. Se le famiglie vanno ai posti di polizia a chiederne notizie non vengono rilasciate se non quando rinnegano qualsiasi legame con gli incarcerati.
    Vogliamo spendere una parola sulle sterilizzazioni e gli aborti forzati? Anche in Xinjiang accadono, come in Tibet, solo che non lo sa nessuno. In Cina la politica del figlio unico permette alle minoranze di avere due bambini, massimo. Dal terzo in poi, in genere, si viene multati. Se si ha denaro a sufficienza per pagare la multa, non vengono, generalmente, praticati aborti forzati. Come mai, invece, nelle zone Uighure le donne incinte non vanno quasi a farsi visite di controllo in ospedale per paura di essere forzate ad abortire?
    NOTATE BENE CHE CITO SOLO TESTIMONIANZE DIRETTE, di gossip sull’argomento ce n’è anche troppi.
    Gli Uighuri sono cinesi di passaporto, ma di fatto sono trattati come cittadini di serie B, sono vittime di pesanti abusi, non riescono nemmeno a imbarcarsi sugli aerei senza essere molestati dalle autorità. Con questo non nego che i massacri a danno degli Han siano da condannare, anzi. Ovvio che l’uso della violenza non è mai legittimato.
    Ma cosa penseremmo noi se fossimo sempre additati (come del resto i Tibetani) come un popolo grezzo, violento, ignorante, superstizioso, retrogrado, pericoloso..? Se ci tenessero un’ora al controllo passaporti solo perchè non sembriamo cinesi e abbiamo la residenza in Xinjiang? Se venissero nelle nostre case a dirci che dobbiamo attaccare un ritratto di Mao affianco al crocifisso, anzi, meglio se quel pezzo di legno lo buttiamo proprio via? Non sto parlando degli anni ’60, parlo di episodi di un paio di anni fa.
    E’ chiaro che ci sono anche Han che convivono pacificamente con gli Uighuri, anzi, sono la maggioranza. Il problema è l’atteggiamento del governo e della polizia.
    Gli Uighuri, se possono, investono nel mattone, o mandano i fondi all’estero, perchè hanno PAURA di essere associati, con qualche scusa, ai fantomatici gruppi sobillatori, e che gli vengano congelati i fondi. Dico fantomatici perchè sono veramente una minuscola parte della popolazione.
    L’islam uighuro, infine, non è un islam estremista, anzi. Si tratta di un islam alquanto moderato, anche se sta diventando sempre più il terreno coesivo del gruppo.
    Per quanto riguarda la storia della zona, è vero, è molto disomogenea, c’è stata storicamente poca coesione, ma sono diverse centinaia di anni che il problema si ripropone.
    Comunque non voglio continuare oltre, ma prima di sparare sentenze, andiamoci piano.

  • Giorgia :

    Ultima cosa, e poi, prometto, non mi dilungo oltre. Il problema in Xinjiang, come in Tibet, non è, secondo me, l’indipendenza. Non si pone proprio, chi li supporterebbe, di fatto, contro la Cina? Non scherziamo…
    Il problema è la preservazione delle culture differenti, che a quanto pare spaventano molto la Cina, perchè sono potenziale fonte di disunione, e il rispetto dei cittadini cinesi stessi (sia i Tibetani che gli Uighuri lo sono, non dimentichiamocene!). Probabilmente un’autonomia e un rispetto de facto delle normali norme di convivenza da parte di tutti i gruppi, incluso il governo, risolverebbe già molti problemi.
    Almeno, così la penso io.

  • marco restelli (autore) :

    Giorgia, ti ringrazio molto di questi due tuoi interventi, in particolare del primo, così ricco di informazioni e di dettagli “di prima mano”: credo che tu abbia reso un servigio a tutti, fornendoci questa messe di informazioni.
    Inoltre, apprezzo anche l’evidente onestà intellettuale con cui tu osservi la situazione delle minoranze in Cina, senza ideologismi ma con grande attenzione per tutti.
    Confermi anche – e mi fa piacere – quanto detto anche su queste pagine dall’amico Piero Verni, riguardo alla moderazione sempre esecitata dall’Islam uighuro.
    Riguardo al tuo secondo intervento, invece, ho qualche problema a definire “cinesi” i tibetani, anche se legalmente lo sono…
    Visto che vivi in Cina da dieci anni e conosci bene, probabilmente, la storia del potere a Pechino, concorderai con il mio pessimismo circa le possibilità che Pechino adotti improvvisamente una linea di dialogo democratico nei confronti di minoranze e dissidenti. IL che dovrebbe implicare politiche più incisive da parte dell’Occidente e un’alleanza fra tutte le forze “riformiste” in Cina….ma il discorso ci porterebbe lontano. Rimando te e gli altri lettori interessati ai vari post contenuti, su MilleOrienti, nelle categorie “Cina” e ”Tibet”.
    Spero di risentirti presto,
    Marco/MilleOrienti

  • Chi osa guardare la Cina negli occhi « MilleOrienti :

    […] vi invito a leggere anche il bellissimo commento di Giorgia, che vive in Cina da dieci anni e che commentando questo post su MilleOrienti illustra, con osservazioni fatte sul campo, le difficili condizioni di vita del popolo uiguro nella Cina […]

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