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«Om Mani Padme Hum, la luce del Tibet». A Milano fotografie di viaggio fra le comunità tibetane dell’Himalaya

26 Settembre 2009 di 5 127 views
Om Mani Padme Hum

Om Mani Padme Hum

Si intitola Om Mani Padme Hum, la luce del Tibet la mostra della fotografa Angela Prati che si inaugura martedì 29 settembre alle 18,30 a Milano, presso la Galleria San Fedele (via Hoepli 3/A) con il contributo di KEL 12. L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 23 ottobre (dal martedì al sabato, orario: 16-19) è curata dal critico fotografico Gigliola Foschi e da Andrea Dall’Asta S.I.  Durante l’inagurazione del giorno 29/9 avrà luogo, alle 20, un dibattito sulla drammatica situazione tibetana a cui parteciperanno la fotografa Angela Prati, Marco Restelli di MilleOrienti e Davide Magni S.I. redattore della rivista Popoli.

Qui di seguito riportiamo la presentazione alla mostra della curatrice Gigliola Foschi:

Om Mani Padme Hum, ovvero “Salve o Gioiello nel Fiore di Loto”: questa antica e celebre formula sacra -5buddhista viene dai tibetani recitata, incisa nelle rocce, scritta sulle innumerevoli bandierine di preghiera che fremono nel vento per riempire l’aria di benedizioni. Il termine “Gioiello” allude al Bodhisattva Avalokiteshvara (“il Signore che osserva con compassione”) di cui il Dalai Lama è considerato la reincarnazione vivente. Mentre il Fiore di Loto è un simbolo buddhista di purezza ed elevazione spirituale, perché sboccia luminoso malgrado affondi le sue radici nel fango degli stagni. Già il titolo scelto per questa mostra da Angela Prati (nota fotografa specializzata in reportage geografici) ci fa dunque comprendere come le sue immagini – frutto di numerosi viaggi in Tibet e nei paesi vicini che ospitano i rifugiati tibetani – vogliano essere un omaggio alla tenacia con cui il popolo del “tetto del mondo” mantiene viva la propria cultura e spiritualità, nonostante la dura occupazione cinese.

-4Dal 1950, infatti, la Cina sta perpetrando in Tibet quello che il Dalai Lama ha definito un “genocidio culturale”. Se durante la famigerata Rivoluzione Culturale (1966-1976), le Guardie Rosse scatenate dal presidente Mao devastarono 6000 monasteri, oggi Pechino non si limita a dure campagne repressive e di “rieducazione”: grazie al trasferimento massiccio e ininterrotto di coloni cinesi, cui si aggiunge un controllo delle nascite fatto di sterilizzazioni forzate e aborti, sta infatti progressivamente riducendo i tibetani a una minoranza senza diritti nella  propria patria. L’autrice, posta di fronte a tale drammatica situazione, più che indagare gli effetti devastanti del regime cinese, ha però preferito mostrare il fascino della spiritualità tibetana: in questo modo ci fa capire che la cultura di questo tormentato Paese è talmente ricca, complessa e affascinante, da costituire un vero e proprio patrimonio dell’umanità, un tesoro universale che tutti noi siamo chiamati  a difendere.

Divisa in quattro sezioni, la mostra si apre con le suggestive immagini di paesaggi solitari e monasteri, che Angela Prati  ha realizzato nel 1991 in Tibet,  seguendo il percorso compiuto dal grande orientalista ed esploratore Giuseppe Tucci negli anni Trenta. Nella seconda sezione, le sue fotografie  raccontano la protesta dei tibetani nei confronti delle autorità cinesi che permettono la cattura di animali rari e selvaggi per la preparazione di quelle medicine tradizionali di cui sono grandi consumatori. Una protesta – come mostrano le precise e intense immagini di Angela Prati – rigorosamente pacifica e altamente simbolica: donne e uomini si privano infatti dei loro decori di pelliccia in nome della compassione per tutti gli essere viventi, e li bruciano in un grande falò.-3

La terza sezione offre l’occasione di ammirare appieno la fastosità e il tripudio di colori della grandiosa “Festa della Preghiera” (nel Monastero di Geerdeng, ad Aba), con danze mistiche e raduni di fedeli che bruciano incensi e rami di cedro fino ad avvolgere ogni cosa in una densa nebbia profumata, mentre sfilano cavalieri riccamente addobbati e  monaci dai “berretti gialli” (appartenenti all’ordine dei “Virtuosi”, cui fa capo il Dalai Lama). La quarta sezione è invece dedicata ai rifugiati tibetani nel Ladakh (India). Molti di loro, nati e cresciuti in esilio, possono solo vagheggiare una madrepatria che giace irraggiungibile al di là delle vette innevate.  Ancora per quanto saranno  costretti a sognare Lhasa senza potere mai visitare il grandioso palazzo del Potala, dove risiedevano i Dalai Lama?

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5 Risposte »

  • Arue_boc :

    Posso ripostarla, creditando? Su AW ci sarà qualche fortunato che vive a Milano e potrà vederla! Invidia!

  • marco restelli (autore) :

    Tu puoi fare tutto quello che vuoi….:-)
    sai che ho provato a iscrivermi a AW ma non ci sono riuscito? Dev’esserci un bug da qualche parte…

  • Arue_boc :

    No, è che le nuove registrazioni vengono approvate dagli admin a causa dello spam!
    Allora lo riposto con piacere!

  • Tibet News :

    Nice pictures. It is very interesting and thanks!

  • marco restelli (autore) :

    Dear friends of Tibet, you are always welcome here!
    Marco

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