Per (ri)leggere un genio della letteratura giapponese
Sulla Encyclopedia Britannica Online (che ha appena aggiornato la voce a lui dedicata) è definito «scrittore che è visto da molti critici come il più importante romanziere giapponese del XX secolo». Stiamo parlando di Mishima Yukio (1925-1970), autore raffinato, complesso, “scandaloso”, discusso quant’altri mai in Giappone, sia per la sua visione politica neo-tradizionalista, sia per la sua autorappresentazione come samurai della modernità , sia per il suo celebre e spettacolare suicidio rituale (seppuku) realizzato in diretta televisiva, all’età di 45 anni. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare il mito tragico del “samurai moderno”, oggetto di analisi e discussione ancora oggi anche fra i blog italiani (si veda per esempio questo post).
Avocato a sè dai movimenti dell’estrema destra occidentale, che lo hanno spesso male interpretato, Mishima in realtà non è ingabbiabile in nessun cliché, nemmeno nel monumento tragico eretto da lui stesso. Un esempio della sua poliedricità è l’opera di sorprendente leggerezza ironica, Abito da sera, curata nel 2008 per gli Oscar Mondadori da Virginia Sica, docente di letteratura giapponese all’Università degli Studi di Milano.
Per fare il punto su questo gigante del Novecento – romanziere, drammaturgo, intellettuale in rivolta contro la modernità ma perfettamente capace di utilizzarne i meccanismi – si è tenuto a Berlino dal 18 al 20 marzo, il convegno internazionale MISHIMA! Worldwide Impact and Multi–Cultural Roots, dove studiosi di tutto il mondo si sono interrogati sull’attualità della sua opera, capace di fornire sempre nuovi stimoli. In attesa di leggere gli atti del convegno – destinati, per l’autorevolezza degli intervenuti, a diventare una pietra miliare sull’argomento – non ci resta che (ri)leggere Mishima stesso; per esempio la bella raccolta Romanzi e racconti 1949-1961, curata da Maria Teresa Orsi nella collana I Meridiani della Mondadori.
Per me, l’emozione di Mishima rimarrà indelebilmente legata alla visione del Kinkakuji, il Padiglione d’Oro (che dà nome a un suo romanzo). Era un mattino d’inverno, a Kyoto. I primi raggi del sole scioglievano lentamente la neve sugli alberi. Il laghetto davanti al Kinkakuji era ghiacciato. E sulla distesa di ghiaccio si spandevano i riflessi d’oro del Padiglione. E’ quella bellezza struggente di cui parla Mishima nel suo romanzo, e che il Giappone sa regalare in alcuni momenti perfetti.

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Imprescindibile.
ciao!
questa è una risposta diretta rispetto al commento che hai lasciato sul blog di silvia.
Si, Kiran Desai piace anche a me, l’ho vista al festival letteratura a Mantova, ma sono così curiosa di sentire anche sua madre. E poi i suoi romanzi mi sono piaciuti tanto, e ancora di più i racconti.
vedremo…
ciao!
Interessante Mishima. Suggerisco Ken (la spada) in Adelphi, imprescindibile per chi si interessa di Kendo. Volevo farci anch’io un post.
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