Che ci fa un monaco tibetano nel carcere di Bollate?
Domenica 18 aprile 2010, alle ore 15,30, il Venerabile lama tibetano Ghesce Tenzin Tenphel andrà in galera. Vittima della repressione? No: il monaco tibetano è atteso da parecchi detenuti del settimo reparto del carcere di Bollate, che nello scorso autunno hanno iniziato un percorso di meditazione e insegnamento di base del buddhismo.
Ghesce Tenzin Tenphel è maestro residente dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, Pisa (di cui abbiamo parlato qui) e i detenuti di Bollate stanno seguendo con lui un progetto chiamato “Liberazione nella prigione”. «Le persone che seguono il gruppo stanno svolgendo un lavoro particolarmente significativo rispetto alla consapevolezza e alla gestione delle emozioni negative, alla pacificazione della mente e alla cura nelle relazioni interpersonali», spiegano da Bollate. Non per caso questo corso di meditazione si svolge a Bollate: questo istituto penitenziario infatti è uno dei meglio gestiti d’Italia, e da tempo persegue pratiche educative di vario genere (per esempio i corsi di fotografia per i detenuti, corsi che poi sfociano in mostre fotografiche allestite presso il Centro San Fedele di Milano).
“Liberazione nella prigione” è il progetto italiano affiliato alla campagna internazionale del “Liberation prison project” fondato nel 1996 e che, al momento, segue circa mille detenuti negli Stati Uniti e in Australia. Dispone di 184 insegnanti che corrispondono con i detenuti o li visitano in carcere, e si avvale di 46 cappellani che collaborano con il progetto. Circa ventimila persone finora hanno beneficiato di questo progetto.
Se qualcuno fosse interessato a collaborare o a diffondere questo progetto nelle carceri italiane potrà contattare la monaca referente presso l’Istituto Lama Tzong Khapa: si chiama Tiziana Losa, email: ProgettoLiberazioneNellaPrigione@iltk.it

Solo per farti i complimenti, sono finita sul tuo blog per caso e l’ho trovato davvero molto interessante. Sono una laureata aspirante giornalista con ancora tanta strada da fare, che crede nella forza della spiritualità e che vorrebbe girare il mondo più di ogni cosa…forse per questo trovo il tuo blog così interessante! Ancora complimenti. Serena
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bellissima iniziativa, speriamo davvero riesca almeno ad attenuare un po’ la tragica realtà delle carceri italiane
Marco sono commossa e orgogliosa di questa iniziativa attuata proprio in un carcere italiano. Come immaginerai vivo una realtà ben diversa, che assolutamente non condivido per educazione e soprattutto mia ispirazione personale. E pensare che qui il Buddismo è arrivato tanti, tanti secoli fa… Grazie per avermi partecipato qualcosa di meraviglioso.
Bellissima iniziativa, spero che ad essa aderscano anche coloro che in carcere lavorano: sarebbe una bellissima condivisione.
bell’iniziativa..!!! ma nel 7 reparto che tipologia di detenuti c’è? tanto per capire chi fosse cosi interessato a questo tipo di pratica..bravissimi, bell’idea davvero!
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