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“La via del Sol Levante”. Un libro di Mario Vattani

10 Settembre 2017 di - 162 views


Cari lettori, oggi vi parlerò di un libro decisamente atipico per la linea editoriale di MilleOrienti. Vi sono libri tanto interessanti quanto irritanti o sconcertanti, e vale la pena leggerli per tutte queste caratteristiche. A tale genere di opere appartiene La via del Sol Levante. Un viaggio giapponese di Mario Vattani (Idrovolante Edizioni, pp. 226, € 15).

Chi è l’autore
Mario Vattani è un diplomatico e uno scrittore. Ha vissuto fra l’altro a Tokyo, Kyoto e Osaka, dove è stato Console generale. Conosce la cultura del Giappone e ne parla la lingua. È autore del romanzo noir Doromizu. Acqua torbida (Mondadori).

Che cosa non è il libro
Non è un romanzo (contrariamente a quanto affermano altre recensioni) né un diario di viaggio nel Giappone contemporaneo (come potrebbe far supporre il sottotitolo).  L’autore accenna, a tratti, a un solitario viaggio in motocicletta effettivamente da lui compiuto in Giappone, e a questo si richiama la copertina di impronta estetica futurista; però il viaggio in moto non introduce a un reportage, viceversa è un espediente narrativo per arrivare al cuore segreto dell’opera.

Che cosa è il libro
– È un saggio di Storia, scritto in chiave narrativa, sui rapporti culturali, politici e militari fra Italia e Giappone. L’analisi si concentra sul periodo compreso fra il 1866 (anno del Trattato di amicizia fra le due nazioni di cui nel 2016 è stato celebrato il 150° anniversario) e il 1945, conclusione della II Guerra Mondiale. Vengono analizzati episodi e protagonisti, noti o meno, di questa Storia italo-giapponese. Al termine del volume, non a caso, c’è una bibliografia.
– Il cuore segreto dell’opera è una riflessione filosofico-politica sul significato del coraggio, con alcuni riferimenti alla storia giapponese e italiana. Dove il coraggio viene inteso sia come ispirazione esistenziale sia come azione etica ed estetica, propensione al sacrificio di sè che si esalta nella temperie della guerra. A questo proposito, i variegati riferimenti culturali esplicitati dall’autore vanno dal codice di comportamento dei samurai (Bushido) al Mishima Yukio di Lezioni spirituali per giovani samurai, dal Futurismo di Marinetti al D’Annunzio “guerriero” dell’Impresa di Fiume, dalla visione guenoniana di una astorica Tradizione al nazionalismo militarista dell’Italia di epoca fascista.

Perché vale la pena leggere il libro
– Perché è un’opera che racconta storie interessanti e poco note, mettendo in luce vari protagonisti nelle relazioni culturali e politiche fra Italia e Giappone tra il 1865 e il 1945. Ma illustra anche l’influenza del Giappone sul panorama artistico e letterario europeo dell’epoca. Un esempio: l’influenza degli haiku sulla poesia di Ungaretti.
РPerch̩ tali storie sono narrate molto bene. Il libro ̬ ben scritto.
РPerch̩ il narratore ha una sincera adesione alla storia narrata e la esprime in un quadro valoriale e linguistico di estrema destra.
Quest’ultima affermazione da parte mia può sconcertare qualche lettore di MilleOrienti. Tuttavia per chi, come me, ha una visione del mondo e dell’etica stellarmente lontana da quella espressa nel libro (un solo esempio: la concezione del coraggio. Per il Mahatma Gandhi «La virtù dei veri coraggiosi è la Nonviolenza»), confrontarsi con qualcuno che vive su un pianeta a tale distanza siderale dal nostro può essere certo irritante ma anche affascinante. Perché ciò che è così lontano da noi può provocarci, stimolare nuove riflessioni e portarci a meglio definire le reciproche identità. Con le ragioni della nostra diversità.

Appunti critici e domande all’autore
– Mi lascia perplesso, nel libro, una visione dell’etica samuraica unicamente come vocazione al sacrificio e alla morte. Quando invece il buddhismo zen, praticato dai samurai, era ed è un invito alla vita e a prendere consapevolezza del “qui e ora”, cioè a cogliere l’incanto del momento presente. Della vita in quanto vita, non solo in quanto preludio alla “bella morte”.
Ho apprezzato invece i passi riguardanti lo zen e il tiro con l’arco, e quelli sugli arcieri italiani presentati alla Corte giapponese (passi che mi hanno deliziato, lo confesso, anche in quanto “vecchio” arciere di arco nudo).
– Perché non citare S.C. Bose – il leader dell’Indian National Army che combattè a fianco dei giapponesi in funzione anticoloniale – quando si parla del rapporto fra il nazionalismo indiano e il Giappone?
– A Giuseppe Tucci, il più grande orientalista italiano, Vattani riserva giustamente parole di autentica stima. Ma perché non soffermarsi un po’ di più sulle sue imprese in Asia? Magari citando in bibliografia la ricca opera di Enrica Garzilli  su Tucci, L’esploratore del Duce.
Infine («e il modo ancor m’offende») mi ha sconcertato la scarsa considerazione nei confronti di Maraini sensei. Fosco Maraini non fu soltanto prezioso collaboratore e fotografo nelle spedizioni di Tucci, né soltanto autore di libri indimenticati come Ore giapponesi o Tibet Segreto o Case, amori, universi. Fu anche l’etnologo che salvò dall’oblìo parti importanti della cultura tradizionale degli aborigeni Ainu, come mi è stato testimoniato dagli stessi Ainu durante un mio recente viaggio in Hokkaido. Testimonianze di cui ho riferito in un reportage Hokkaido pubblicato dal Sette del Corriere della Sera nell’aprile 2017. Fosco Maraini fu un Maestro per due generazioni di orientalisti. Un grande italiano che va trattato come tale.

Come saluto: un passo del libro da ricordare
Questo (a pag. 76). «È una questione di responsabilità: quando si sceglie una via, lo si fa per se stessi, senza pretendere nulla dagli altri».

Shimoi Harukichi nella divisa degli Arditi italiani. Fu un personaggio chiave nelle relazioni italo-giapponesi di cui parla Vattani nel suo libro “La via del Sol Levante”. La foto è per gentile concessione de Il Vittoriale degli Italiani

 

 

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