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Perché Hong Kong sta lottando nelle strade

30 Settembre 2014 di 3 68 views
Manifestazione per la democrazia a Hong Kong

Manifestazione per la democrazia a Hong Kong

Hong Kong ribolle, e la Cina si preoccupa. Da giorni si susseguono le notizie di occupazioni di strade e resistenza nonviolenta da parte di studenti e seguaci del movimento Occupy Central. I media italiani ne parlano in vario modo ma non sempre presentano i fatti in modo totalmente corretto. Un esempio? Qui potete leggere un bell’articolo di cronaca di Ilaria Maria Sala pubblicato sul quotidiano La Stampa, che ha però un titolo fuorviante: “Hong Kong non cede: siamo il  nuovo Tibet». Il paragone con il Tibet in realtà è poco azzeccato.

A Hong Kong non c’è mai stata un’occupazione militare del territorio, con successiva immigrazione di popolazione Han dalla Cina, come avvenne in Tibet. Hong Kong è una città cinese, tornata pacificamente  alla Cina dopo essere stata colonia britannica dal 1842 al 1997. E’ una città vivace, ricca e molto affascinante (MilleOrienti l’ha raccontata qui) che oggi vuole semplicemente tutelare il suo status di democrazia, sancito dall’accordo fra britannici e cinesi al momento del ritorno della città alla Cina. L’accordo in vigore è questo: “un Paese, due sistemi”. Significa che Hong Kong fa parte della Repubblica Popolare Cinese ma che questa rispetta la diversità (politica, economica e culturale) della città, il suo sistema liberale differente rispetto a quello attualmente in vigore in Cina.

Tutto ciò fino ad ora. Ora infatti la situazione sta cambiando in vista delle elezioni politiche che si terranno a Hong Kong nel 2017. La Cina Popolare ha promesso che i cittadini di Hong Kong potranno eleggere il proprio chief executive (cioè il governatore) finora nominato dal governo centrale, ma ha stabilito che i candidati verranno scelti da una commissione dell’esecutivo. Insomma un sistema elettivo i cui candidati siano in partenza già graditi a Pechino. Gli abitanti di Hong Kong vogliono invece che le elezioni siano davvero libere, senza questo “setaccio” iniziale.

Pechino difficilmente cederà, perché teme che tali rivendicazioni di Hong Kong (e magari in futuro anche da un’altra città a statuto speciale, Macao, ex colonia portoghese) possano “contagiare” altre città cinesi e spingerle a chiedere maggiore autonomia. Ma anche Hong Kong difficilmente cederà, perché una perdita di autonomia ne stravolgerebbe l’identità politica mettendone a rischio il dinamismo economico e sociale.

Intanto però la solidarietà a Hong Kong sta diffondendosi in tutti i continenti, con manifestazioni nelle principali metropoli del mondo: ecco cosa ne scrive il South China Morning Post, autorevole quotidiano di Hong Kong .
Ovviamente, anche la comunità degli affari si preoccupa, perché l’instabilità politica danneggerebbe gli scambi economici in questa fondamentale piazza finanziaria dell’Asia. Il futuro appare oscuro, dunque, a chi (come me) ama la splendida Hong Kong. Non resta che sperare in un po’ di realismo da parte del governo di Pechino, che afferma di voler perseguire una “politica dell’armonia sociale”. E naturalmente testimoniare in ogni sede la propria solidarietà a Hong Kong.

Messaggi pro-democrazia a Hong Kong su un muro di Sidney, Australia

Messaggi pro-democrazia a Hong Kong su un muro di Sidney, Australia

 

 

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3 Risposte »

  • elisa :

    Riguardo al fatto che ad Hong Kong non vi è mai stata, come in Tibet, una invasione di popolazione proveniente dalla Repubblica Popolare, segnalo questo articolo http://www.asianews.it/notizie-it/Coster%C3%A0-di-pi%C3%B9-per-le-donne-cinesi-partorire-a-Hong-Kong-8062.html ove si racconta che il 30% dei bambini nati a Hong Kong sono figli di donne non residenti. Secondo la legge questi bambini acquistano il diritto di residenza ad Hong Kong, e quindi anche (forse) il diritto di voto ad Hong Kong. Se così fosse, si tratterebbe di una forma di immigrazione meno apparente di quella effettuata in Tibet, ma comunque in grado di modificare sensibilmente gli equilibri politici della città, nel giro di pochi decenni.

  • Piero Verni :

    Caro Marco, concordo con quanto hai scritto. Anche io amo molto Hong Kong che visitai più volte in anni lontani (l’ultima volta nella immediata vigilia del suo ritorno alla Cina Popolare). Difficile prevedere in queste ore cosa potrà succedere perché, come hai giustamente sottolineato, nessuna delle parti in causa può e/o vuole cedere per motivi speculari. Di sicuro Pechino difficilmente potrebbe permettersi una TienAnmen all’interno di uno dei principali polmoni della finanza e dell’economia mondiali. Staremo a vedere. Visto che con alcune eccezioni (tra le quali l’articolo di Ilaria Maria Sala che hai citato) la grande stampa italiana è distratta da “ben altri problemi” e non dedica eccessiva attenzione a quanto sta avvenendo ad Hong Kong, ritengo di vitale importanza che se ne parli almeno in blog e forum come ad esempio il tuo.

    Con la stima di sempre,

    piero

  • Marco Restelli (autore) :

    Grazie a Piero e ad Elisa per i loro interventi. Di sicuro, la notizia citata da Elisa (e ripresa da una fonte autorevole come l’agenzia Asia News) getta un’ulteriore ombra sul futuro di Hong Kong. Ma è presto per disperare, i giochi sono aperti e HK è troppo importante perché Beijing decida di non rispettarne l’identità. Staremo a vedere…

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